Qualche giorno fa, un caro amico fisioterapista-osteopata, con cui condivido anche lo spazio dello studio, mi ha suggerito qualche esercizio per risistemare alcuni problemi alla schiena. Dopo un’attenta disamina mi invita a fare “il saluto al sole” ogni mattina e poi, anche dopo la mia routine giornaliera di fitness, a poggiare le gambe perpendicolarmente ad una parete con la schiena distesa al pavimento -per 15 minuti al giorno!- si raccomanda. Dopo un iniziale scetticismo, non verso la persona né il medico, quanto verso la prassi (sono molto dinamica e l’immobilismo non mi appartiene), mi appresto ad eseguire con zelo. In effetti dopo pochi giorni qualcosa per la mia schiena cambiava.
L’esercizio, mi ha esortata a riflettere in merito al tema della prospettiva. Mentre sono distesa sul pavimento, intenta a tenere il bacino ad angolo e ben attaccato al muro e le gambe tese, non posso far altro, per almeno quindici minuti, se non guardare il soffitto della mia casa come non l’ho mai fatto.
Il sentimento che ha mosso tutto è stato il dolore (alla schiena) e la paura (di incurvarmi, di stare peggio), la fiducia mi ha invitata a chiedere aiuto e ad accogliere il suggerimento “bizzarro”. La prospettiva capovolta sul mio corpo e rispetto alla mia casa mi stanno restituendo benessere ed equilibrio. Il corpo ha cambiato posizione e così sono giunte nuove emozioni e sensazioni; quindi se cambio posizione del corpo posso cambiare anche l’emozione che sento. Più che dal soffitto bianco, è la sensazione di trarre beneficio semplicemente sostando in una posizione inusuale, è la miscela tra lo stare ferma e avere i piedi sulla mia testa che mi ha regalato questa epifania. Io, così abituata sempre a fare e a cercare di fare nel “modo giusto”, ricevo benessere dallo stare come solitamente non si sta.
E se provassimo a farlo tutti, per almeno quindici minuti al giorno? Se dedicassimo davvero un tempo del genere a capovolgere la prospettiva che abbiamo ormai radicata da anni sulle nostre relazioni, sul lavoro, sulla famiglia? Forse cambierebbe qualcosa anche lì.
Potremmo riconoscere la sofferenza che proviamo in questo momento e che si scioglie in lacrime anche quando non vorremmo o che tratteniamo dentro e ci fa dolere lo stomaco o la testa, potremmo guardare la paura che ci accelera il battito cardiaco, che ci impedisce di dormire sereni e accoglierla con fiducia, come una spinta a comprendere qualcosa in più di noi. Come una luce che invita a guardare meglio e magari oltre.
Se riscoprissimo fiducia e speranza e le usassimo come lenti per vedere meglio, per guardarci in modo diverso?
dottoressa Margherita Di Maio
Castellammare di Stabia, Napoli
3317669068