In questa fase ciò che uno psicologo può e deve fare è un’adeguata informazione. Sto leggendo molti articoli riguardanti scenari di possibili sintomatologie che potrebbero manifestarsi durante la ripresa e non trovo del tutto corretto etichettare reazioni di intensa attivazione ed espressione emotiva, sintomi di arousal e stress come PATOLOGICI. Stiamo vivendo nell’immediato un momento critico e le reazioni possono essere differenti. Disperazione, irritabilità, terrore, scoppi d’ira o all’opposto manifestazioni di distacco emotivo, ed assenza di espressione delle emozioni. Questi comportamenti sono del tutto normali perché c’è un pericolo reale nella nostra vita, ma non vuol dire che necessariamente saranno persistenti o che aumenti la loro intensità. Queste reazioni possono attenuarsi nel tempo e diventare processi elaborativi e di adattamento in molte persone. Noi psicologi per prima cosa dobbiamo fare un’adeguata e accurata analisi per predisporre le necessarie forme di intervento qualora vi sia una persistenza delle reazioni. È difficile prevedere la direzione psicopatologica da qui ad un anno. Le persone che manifestano dei sintomi ora potranno non averli più tra qualche mese o averli in forma diversa o più intensa.
Ad oggi vi è un rischio psicopatologico maggiore nelle persone che:
- Lavorano nel campo sanitario, amministrativo e che hanno avuto, quindi, uno stress acuto. Forte paura di contagio, intensi turni lavorativi, lontananza dalle proprie famiglie.
- Hanno contratto il Covid-19 passando per la terapia intensiva. Hanno vissuto isolamento fisico ed emotivo che può aver portato sentimenti di lontananza, di abbandono, di dolore.
- Hanno perso i propri cari senza possibilità di un contatto con il defunto e senza avere la possibilità di dare l’ultimo saluto al proprio caro al funerale. Queste persone, inoltre, potrebbero vivere un senso di colpa, sentendosi responsabili per non averlo protetto in modo adeguato.
Mi sento di dire che il mondo del dolore, della tragedia, della perdita e del fermarsi della vita è un mondo in cui si deve entrare con grande sensibilità, preparazione e utili strumenti psicologici. Dobbiamo per prima cosa essere umili e molto rispettosi. È fondamentale saper contenere anche solo con il silenzio partecipato e saper sostenere il dolore. Noi psicologi dobbiamo essere empatici, saper ascoltare e saper restituire significato. Dobbiamo, infine, saper contenere le frustrazioni, i rifiuti, le reazioni di rabbia e le svalutazioni che l’altro può manifestarci.
Federica Fulvi, Psicologa e Psicoterapeuta
Studio in Via Beato Cesidio 9, L'Aquila
3282040897